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Una Passeggiata in una Domenica di Novembre a Rocca delle Caminate (FC)


Passeggiare una domenica grigia e nebbiosa di novembre nelle colline poste alle spalle della via Emilia, tra Forlì e Forlimpopoli significa incontrare un'atmosfera malinconica e tranquilla.


Predappio è tenuto nell'incuria più totale, i palazzi che hanno fatto parte della storia di questo paese non sono conservati come si dovrebbe la mia è un'osservazione critica del contesto storico e politico, senza alcun legame emotivo con il passato.

Predappio

Il paese è situato nella valle del fiume Rabbi, cuore dell'Appennino romagnolo, in una zona collinare circondata da pregiati vigneti, a circa 30 km dal Parco delle Foreste Casentinesi.

Perché visitarla

Di origini probabilmente romane, anticamente era un piccolo paese posto sulle colline, cresciuto attorno al castello medioevale.
La sua storia recente è fortemente segnata dalla figura di Benito Mussolini che si adoperò tra gli anni ‘20 e ’40 del Novecento per dare lustro al borgo natale, chiamando all'opera i maggiori architetti dell’epoca.
Oggi Predappio si presenta come un vero e proprio Museo Urbano che conserva un’originale testimonianza degli stili urbanistici e architettonici del Ventennio.

Quando andarci e cosa vedere

Visitare Predappio attraverso il percorso del Museo Urbano, permette di comprendere appieno il valore del suo patrimonio storico-artistico e culturale.
Il vero e proprio "museo all'aperto" è una guida alle testimonianze più significative dell'architettura del periodo fascista, giunte a noi pressoché inalterate attraverso un itinerario segnalato da pannelli e percorribile tutto l'anno.

Tra gli edifici più rappresentativi si segnalano la Ex Casa del Fascio e dell'Ospitalità, costruita tra il '34 e il '37 su progetto dell'Architetto Arnaldo Fuzzi, edificio di formidabile effetto nelle sue dimensione e nel contrasto dei colori rosso e bianco, e Palazzo Varano, per circa venti anni dimora dei Mussolini, attuale sede comunale. Emila Romagna Turismo

Chiesa di Sant'Antonio (Predappio)

La chiesa di Sant'Antonio è il principale luogo di culto cattolico e la parrocchiale di Predappio, in provincia di Forlì-Cesena e diocesi di Forlì-Bertinoro; fa parte del vicariato della Val di Rabbi.

Storia

La costruzione di una chiesa parrocchiale venne progettata durante il processo di fondazione di Predappio Nuova, organizzata dall'ingegner Florestano di Fausto. Con lo spostamento della popolazione dall'antico borgo verso il centro di nuova fondazione, l'edificazione di una chiesa era stata considerata indispensabile per il funzionamento del nuovo paese.

Nel 1925, su un terreno donato da un privato e sotto il patrocinio di Rachele e Arnaldo Mussolini, fu posta la prima pietra della chiesa che doveva essere il principale luogo di culto della nuova Predappio. Questa chiesa, nota come Chiesa di Santa Rosa, è dedicata a Santa Rosa da Lima, si trova in prossimità dell'ingresso del paese, contiene opere d'arte notevoli, come la Madonna del Fascio ed è legata a un oratorio e un asilo. Tuttavia la chiesa si rivelò di dimensioni insufficienti per il paese in crescita, così nel 1926 il Ministero dei lavori pubblici bandì un secondo concorso per la realizzazione di una chiesa di maggiori dimensioni. Il concorso nazionale mirava a un progetto di grande qualità architettonica che portasse alla realizzazione di una chiesa dall'aspetto monumentale.

Il concorso fu vinto da Cesare Bazzani nel 1926, al tempo all'apice della sua carriera professionale. Nell'ottobre del 1931 Rachele Mussolini presenziò alla posa della prima pietra della chiesa, dedicata a Sant'Antonio da Padova, personaggio importante per la Romagna e noto da giovane come Antonio da Forlì, del quale in quell'anno ricorreva il settimo centenario della morte.

La chiesa venne ultimata in tre anni e inaugurata il 27 ottobre del 1934, anniversario della Marcia su Roma e Anno Santo della Redenzione, giubileo straordinario indetto da Pio XI.

Nel 1937 dietro la chiesa venne edificato il convento e la chiesa venne data in gestione ai Minori Osservanti che la abbandonarono nel 1997. Dal 1940 è parrocchia. A quella data risale anche la collocazione dell'organo. Il primo parroco fu padre Vittorino Liverani a cui è dedicato un busto bronzeo nel piccolo parco a sinistra della chiesa.

Nel 1941 venne realizzata una copia della Grotta di Lourdes al lato destro dell'altare maggiore, il coro risale invece al 1942.


A Rocca delle Caminate sul "valico" con la vista sulla valle c'è un osteria dove ci siamo fermati a pranzo. Abbiamo trovato un menù "corto" con pietanze pensate e preparate con ingredienti di stagione, molto giusto! 🍂 xo S.

@osteriabartonga Strada Rocca delle Caminate - Predappio 

tagliere di salumi e giardiniera
polpette con ortica
tagliatelle con ragù
risotto alla zucca con formaggio di fossa
salsiccia e verza stufata
purè di patate
cicoria con aglio, olio e peperocicino
piadina e sangiovese 



Rocca delle Caminate

Alle spalle della via Emilia, tra Forlì e Forlimpopoli, la rocca delle Caminate è situata a quasi 400 metri di altezza su un crinale tufaceo che si insinua tra le valli dei fiumi Rabbi e Bidente-Ronco, separando Predappio e Meldola.

Antico canale di comunicazione tra pianura padana e area transappenninica, colonizzata dai Romani, l'area tra le due valli fu parte della ‘romanìola’ ex-bizantina donata al papa dai re franchi nel secolo VIII.

La rocca contesa: le Caminate tra guelfi e ghibellini

Già alla fine del X secolo una rocca ‘delle caminate’ – dotata di camminamenti, o di camini e fornaci – sarebbe appartenuta all’omonimo casato guelfo poi a un suo ramo Belmonte, forse di origine franca, alleato ai Malatesta.

Distrutta più volte nel XII secolo dagli imperiali, nel corso del Duecento la rocca fu un tassello importante del conflitto permanente tra guelfi e ghibellini per il controllo della Romagna grazie alla sua posizione dominante, lungo un erto percorso transvallivo che da Meldola nella valle del Bidente, la 'melior via' per Roma, passando per Predappio e Calboli approdava a Rocca San Casciano nella valle del Montone, consentendo di raggiungere Firenze.

Fu in particolare l'emergente Forlì a cercare ripetutamente di impossessarsi della rocca, più volte assalita, rasa al suolo e ricostruita dai due contendenti; il nucleo più antico della struttura odierna, dotato di mastio, è in effetti attribuito a un intervento forlivese di metà secolo. Pochi anni dopo, nel 1278, il papa otteneva dall’imperatore il riconoscimento formale dei suoi diritti sulla Romagna.

Tra due signorie: Ordelaffi e Malatesta

Alla fine del Trecento i signori di Forlì, i ghibellini Ordelaffi, riappacificati con il papa dopo aver guidato una serie di rivolte, poterono rientrarono con il suggello del vicariato apostolico nei loro possedimenti forlivesi. Già nel 1380 Sinibaldo Oderlaffi poteva rifortificare e ampliare le Caminate, aggiungendo i due bastioni sul lato sud-est raccordati da una cortina muraria in mattoni.

Non si esaurirono per questo le contese sulla rocca, intensificate dall’espansionismo dei riminesi Malatesta che avevano appena conquistato Cesena: nel 1390 l’abate ravennate di Santa Maria in Cosmedin confermò i diritti dei Belmonte sulle Caminate, e all’inizio del secolo successivo gli stessi Malatesta occuparono la fortificazione, facendone il loro estremo baluardo occidentale e restituendola poco dopo agli antichi alleati. L’importanza strategica dell'area tra Bidente e Rabbi fu accresciuta in quegli anni anche dall'espansione di Firenze di là dal crinale, che portò alla formazione della Romagna ‘fiorentina’ a ridosso dei domini della Chiesa. Attacchi e saccheggi alla rocca continuarono anche per tutta la prima metà del Quattrocento, a opera dei Visconti, degli Ordelaffi e dei faentini Manfredi.

Dai Malatesta a Venezia

Nel 1465 le Caminate passarono formalmente nell’orbita dei Malatesta, andando a costituire con Meldola, Sarsina e altre terre tra Bidente e Marecchia una piccola signoria personale concessa dal papa a Roberto quale compenso per la perdita di Cesena.

A cavallo del nuovo secolo Pandolfo IV fu però costretto dai debiti – nonostante il sostegno di Venezia, divenuta la potenza egemone della Romagna nord-orientale - a vendere i territori della dinastia, Caminate comprese, a Cesare Borgia, il figlio di papa Alessandro che stava creandosi un dominio personale in Romagna.

Esaurito il progetto del Valentino con la morte del suo protettore, nel 1503 le Caminate vennero assorbite con i territori vicini dalla Repubblica di Venezia, che solo sei anni dopo, sconfitta a Agnadello, dovette restituire a Roma le terre appena conquistate.

Dalla signoria dei Pio al degrado della rocca

Ripristinata nei suoi diritti sulla Romagna, la Chiesa la inglobò nella compagine statale, eliminando i vicariati signorili e assegnando singoli possedimenti a famiglie che si erano distinte al servizio della Chiesa.

Nel 1518 il feudo di Meldola e Sarsina, comprese le Caminate, fu così conferito dal papa ad Alberto III Pio, il signore di Carpi, ambasciatore di Massimiliano d’Asburgo presso la Curia romana, che dopo esser stato deposto dalla signoria carpigiana lasciò alla sua morte il feudo meldolese al fratello Leonello. Presidente della provincia di Romagna e governatore di Bertinoro, Leonello diede vita a un piccolo stato, unendo ai diritti su Sarsina e Meldola quelli su Verucchio e Scorticata (oggi Torriana) pervenutigli per matrimonio.

Mentre Meldola diventava la principesca reggia della nuova dinastia, la rocca delle Caminate venne abbandonata a un progressivo degrado, come tante rocche romagnole che avevano ormai perso le loro finalità militari.

Lo stato di abbandono si accentuò sotto gli eredi dei Pio, i Panphili prima e i Borghese Aldobrandini e Doria Panphili Landi poi, e a metà Ottocento la rocca fu ceduta alla famiglia forlivese Baccarini, e in seguito ai Delle Vacche. Il terremoto del 1870, che colpì con particolare violenza la valle del Bidente, non fece che aggravare lo stato di degrado dell’edificio, danneggiando soprattutto il maschio.

Un dono per il Duce: rielaborazione del passato, comfort moderno, propaganda

Dopo decenni di abbandono, il restauro delle Caminate fu oggetto nel 1923 di un ‘Prestito Littorio’ lanciato nelle province di Forlì e Ravenna da un comitato di cittadini legato alle locali sezioni del partito fascista, che raccolse in poco tempo 70.000 donazioni per un totale di 530.000 lire. Scopo della raccolta era donare la rocca, perché ne facesse la sua residenza estiva, a Benito Mussolini, nato nella vicina Dovia di Predappio, che in quello stesso anno aveva ricevuto dai predappiesi anche la casa natale, trasformata in museo.

Il progetto di restauro fu affidato a Luigi Corsini, soprintendente ai Monumenti a Bologna e Ravenna - di lì a poco direttore della neonata Soprintendenza per l’Arte Medievale e Moderna per l’Emilia e la Romagna - e all’ingegnere capo dell’Ufficio tecnico provinciale di Forlì Sesto Baccarini, il progettista del Kursaal Apollo. Dopo tre anni di lavori, nell’ottobre 1927, quinto anniversario della marcia su Roma, la rocca veniva inaugurata alla presenza del ministro Federzoni.

L’ambizioso progetto si propose di integrare moderne funzioni residenziali e di rappresentanza in un edificio storico pressoché in rovina, che aveva però mantenuto elementi connotanti come il maschio, le cortine e l’arco di ingresso. I complessi interventi di risanamento, consolidamento, restauro, ricostruzione e integrazione dell’edificio furono così ispirati in forma aggiornata al neo-medievalismo propugnato alcuni decenni prima da epigoni emiliani di Viollet le Duc come Alfonso Rubbiani e Raffaele Faccioli. L'incoerenza dell'approccio fu evidente nell'accostamento di materiali di recente introduzione per le ricostruzioni - utilizzati per esigenze statiche - e materiali locali come il tufo per i restauri, mentre in tutto l'edificio si privilegiarono elementi di arredo ‘in stile’ come torciere, fanali, lampade in ferro battuto e lo stemma dei Mussolini collocato sopra l’ingresso.

All’esterno i lavori interessarono la facciata di ingresso, le mura in rovina, restaurate e integrate con merli e camminamenti, e il maschio, dove furono ricostruiti due angoli, coperto il tetto e aggiunti merli e beccatelli, mentre i bastioni sfaccettati in laterizio a est vennero volutamente lasciati allo stato di rudere. L’appartamento padronale su tre piani fu decorato in stile neo-rinascimentale dal pittore predappiese Partisani e dotato dei più moderni comfort; nell’edificio dietro la torre fu realizzato un salone di rappresentanza dove si tenevano ricevimenti politico-mondani con personalità, capi di stato e ambasciatori, ospitati nella vicina foresteria sorta sui resti dell’antico palazzo del castellano. I lavori interessarono anche l’amplo parco boscato che circondava il complesso.

Raffigurato in numerose pubblicazioni, l’edificio divenne celebre, e la sua carica simbolica di residenza del Duce fu ampiamente utilizzata dalla propaganda: sulla sommità del maschio fu collocato un faro elettrico da 8.000 candele che proiettava fasci luminosi tricolori visibili a oltre cinquanta chilometri di distanza - segnalando secondo la voce popolare la presenza del Duce nella rocca - mentre un’ala dell’edificio venne riservata alla raccolta di cimeli del fascismo e di doni degli ospiti.

La rocca durante la guerra

L'identificazione con il fascismo e il duce segnò cupamente le Caminate negli ultimi anni del regime: nel settembre 1943 ebbe qui luogo la prima riunione del consiglio dei ministri della Repubblica Sociale Italiana, e durante la Resistenza la caserma del complesso fu prigione e luogo di tortura di partigiani; bombardata nel 1944, la rocca venne devastata e saccheggiata dalla popolazione. Dopo la caduta del Fascismo, i beni della famiglia Mussolini vennero requisiti, dando origine a una disputa legale tra lo Stato e la vedova del Duce che nel 1932 aveva acquistato dal marito il complesso, e che nel 1962 poté infine vendere gli immobili all’ONMI.

Una nuova destinazione per la rocca

Nel 1971 il complesso fu acquistato dalla Provincia di Forlì, che una decina di anni dopo avviò uno studio degli interventi di recupero e di destinazione d’uso dell’immobile; tra il 1984 e i primi anni Duemila interventi urgenti di consolidamento e restauro interessarono l’edificio e le sue decorazioni interne, il parco e il muro di cinta.
Un progetto inter-universitario sulle gallerie del vento delle ex officine e gallerie Caproni di Predappio consentì infine di individuare la destinazione delle Caminate. Dopo due anni di lavori finanziati da Regione e Provincia, che ne hanno ridefinito spazi e funzioni, nel 2016 la rocca è divenuta Centro di Alta Formazione Universitaria, sede del Tecnopolo di Forlì-Cesena - Rete regionale di Alta Tecnologia, nonché del CIRI Aeronautica dell’Università di Bologna. Il centro organizza attività formative e congressuali, oltre a eventi culturali, artistici e musicali, che trovano spazio anche sulla terrazza panoramica, e visite guidate.

VISITA

Il parco-bosco a mandorla, circondato da alte mura e popolato di alberi ad alto fusto di notevole pregio ambientale e paesaggistico, si stende per otto ettari sui fianchi del crinale, sulla cui cima si erge la rocca con la torre alta quasi trenta metri. All’interno del parco, oltre alla rocca si trovano altri edifici: le guardiole sui due opposti punti di accesso, da Forlì e da Meldola; sullo spiazzo principale d’accesso l’ex caserma e una chiesetta sconsacrata; infine l’ex casetta del custode. La visita è accompagnata da pannelli informativi e supporti multimediali, e può essere approfondita, su richiesta, con esperti di storia locale.
Dalla terrazza posta in cima alla rocca si apre un’amplissima vista che domina le vicine vallate di Meldola e Predappio tra pianura e appennino, spingendosi a est verso Bertinoro e l’Adriatico con i rilievi da San Marino al Conero. Sito web del Castello via Regione Emilia-Romagna


Poi, lì vicino proprio a due passi fermarsi un attimo per ringraziare al piccolo Santuario della Madonna delle Caminate o Beata Vergine della Consolazione.

Collocato sul confine fra i comuni di Meldola e Predappio (le sue dimensioni m. 21 x 8,5). Essa di fatto sostituisce la preesistente chiesetta dedicata a Maria Vergine Assunta, costruita attorno all’anno 1190.

(all pics are mine®) foto di Stefania motta
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